Agosto. Tempo di vacanze, compleanni e vasetti di marmellata messi in fila per l’inverno. Il caldo, ormai, è diventato un’abitudine e il primo settembre è alle porte. Il giorno in cui tutto riparte; il mese che porterà l’autunno, la scuola, il traffico del mattino e i buoni propositi, come se l’anno fosse cominciato per la seconda volta.
Quando agosto sta per finire e i giorni di vacanza sgocciolano, capita di sentirsi un po’ malinconici. Pensiamo a quando eravamo ragazzi, giovani studenti che avevano passato tre mesi di sole, sonno e sentimenti. Vorremmo tornare indietro a quel tempo lì, quando non sapevamo mai bene quale giorno della settimana fosse, quando settembre significava soltanto il pensiero di nuovi, temibili professori.
Ci sono delle cose, però, che ci accompagnano sempre, in tutti i momenti della nostra vita, se siamo fortunati. Ecco, io lo sono. Perché i libri e le storie – pazzesche storie! – ci sono sempre stati, in ogni estate, in ogni giornata di nebbia e pioggia sottile, quando tutto va male e quando il cuore batte forte.
I libri, le loro storie, le copertine, il profumo si legano a noi senza rimedio e, dentro, ci rimane il ricordo delle vite che abbiamo letto, della consistenza della carta, delle frasi sottolineate e delle date scritte da qualche parte.
Il bello è ritrovarli, quando meno te lo aspetti, nitidi e presenti come se li avessi davanti ai tuoi occhi, abbinati a quel pezzo di vita che stavi vivendo quando c’erano loro.
Ogni tanto lo stupore si rinnova ed è sempre meraviglioso. Inaspettato.
Come quando stai mescolando tre padelle di peperonata contemporaneamente e il momento è delicato: non deve attaccarsi, altrimenti, poi, tua madre chi la sente.
Con una mano mescoli, naturalmente senza guardare la peperonata – la conosci a memoria, centinaia di piccoli pezzetti di peperoni gialli e rossi, il pomodoro, la cipolla, una foglia di alloro – e con l’altra, il busto girato verso il resto del mondo che non sia la cucina a gas, per non essere colpita dagli schizzi dell’odorosa pietanza che cuoce, reggi un libro, e il tuo sguardo corre sulle righe senza fermarsi mai.
Durante quell’agosto, più di dieci anni fa, si trattava di Suite francese di Irène Némirovsky. Nell’agosto 2017 si tratta di Memoria di ragazza di Annie Ernaux. La peperonata c’è sempre, e anche il caldo, il mestolo di legno che non riga la padella e l’odore che si sparge per tutta la casa.
Déjà-vu? Flash back? Forse tutti e due o forse soltanto un ricordo talmente intenso che lascia il segno. Un ricordo con la forza che è il succo della vita.
Suite francese e Memoria di ragazza sono stati per me una fonte di ricchezza unica. E le loro autrici, che autrici.
Irène Némirovsky scriveva, scriveva, scriveva, come chi sa che il tempo stringe, che non ci saranno altre possibilità.
Annie Ernaux scrive. Punto. Con potenza, verità e precisione acuminata, la precisione del coraggio allo stato puro.
Due donne, due autrici francesi, che hanno fatto del loro lavoro, scrivere, la sola cosa importante. E che hanno reso possibile, a noi lettori, conoscere, immaginare, pensare sul serio. Sentire quell’emozione nello stomaco che lega il fuori di noi col dentro di noi: quel famoso sfarfallio che percepiamo soltanto quando qualcosa di veramente importante ci sta accadendo.