Lo scorso anno vi parlai qui di Paola Lombroso Carrara, alias Zia Mariù: un’autrice dimenticata del primo ‘900 che, conosciuta tra le pagine di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg (preziosa voce molto più nota della letteratura del XX secolo), mi aveva incuriosita. Andai indietro nel tempo, feci ricerche, mi procurai i suoi libri, studiai e ne elaborai un articolo.
Di lì non smisi più di viaggiare nella letteratura italiana delle scrittrici dimenticate. Il Novecento, splendido secolo dalla produzione letteraria incredibile (il passaggio dall’impianto classico al romanzo moderno si vede tutto qui, in questi cento anni), ha firme femminili diverse e di valore, ma tante, troppe di loro sono cadute nell’oblio collettivo: non più ristampate, prive di lavoro di memoria, sono vittime delle mode di lettura o del pregiudizio critico che spesso bolla i loro scritti come semplice letteratura rosa e vengono dimenticate con una rapidità disarmante.
L’articolo di oggi continua virtualmente questo viaggio e dal primo ‘900 ci spostiamo a tempi notevolmente più recenti, alla riscoperta di Alba de Céspedes. Vi parlerò di lei avvalendomi della collaborazione di un’amica che ha approfondito questa autrice come me: Written Wor(l)d vi racconterà Nessuno torna indietro, romanzo d’esordio di Alba de Céspedes, mentre io mi concentrerò su Quaderno proibito, testo del 1952 recentemente ripubblicato da Mondadori, come altre opere dell’autrice.
Alba de Céspedes nasce a Roma nel 1911: di madre italiana e padre cubano, vive fin dall’infanzia gli ideali antifascisti per cui si batte, durante la Resistenza, col nome di battaglia Clorinda, tra la Puglia e l’Abruzzo. La sua biografia è ricca di eventi. Si sposa a quindici anni per ottenere la cittadinanza italiana, a diciassette è madre. Poco dopo divorzia, nel 1944 fonda la rivista letteraria Mercurio, si divide tra Roma e Parigi scrivendo e pubblicando assiduamente romanzi, poesie, testi teatrali, racconti. Nessuno torna indietro, il suo romanzo d’esordio, vende cinquemila copie in tre giorni; è tradotta in trenta lingue. Eppure, la critica la giudica una scrittrice rosa, per tutta la vita dovrà difendersi per scrollarsi di dosso questa falsa etichetta: basta leggere Quaderno proibito, fra tutte le sue opere, per capire chiaramente che la sua non è affatto letteratura da considerarsi di serie b.
Ho fatto male a comprare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto.
Quaderno proibito uscì a puntate sulla rivista Settimana Incom Illustrata tra il 1950 e il 1951: il grande seguito di ogni capitolo, che aumentava di settimana in settimana, fece arrivare questa storia a compimento. Venne raccolta in volume nel 1952 e oggi rappresenta, a mio parere, il manifesto letterario di Alba de Céspedes. Finalmente ripubblicato da Mondadori (editore storico della scrittrice) nella collana Oscar Moderni Cult – con una introspettiva prefazione di Nadia Terranova – giunge di nuovo sugli scaffali di librerie e biblioteche, dove era davvero introvabile.
Narrato in forma diaristica e prima persona, Quaderno proibito ci racconta la storia di Valeria Cossati, voce narrante, colei che un giorno acquista in tabaccheria un quaderno nero, tanto simile a quelli che utilizzava a scuola, e lo mantiene segreto, trascrivendo senza dire niente ai suoi ciò che le accade. Col passare del tempo leggiamo la trasformazione di Valeria, l’espressione dei suoi dubbi e dei tormenti interiori di donna imprigionata in un ruolo che per molto tempo non fatica a mantenere – quello di madre, moglie e figlia devota; instancabile lavoratrice, totalmente dedita al benessere dei suoi cari anche a costo di grandi rinunce.
Passano i mesi e la scrittura di Valeria si fa sempre più intensa: perché chinare il capo, piena di vergogna, davanti alle amiche? Perché riconoscerne con invidia l’agiatezza facendo finta di niente davanti ai loro matrimoni di facciata? Tutto si riduce e inizia a scorrere impetuoso come il fiume che è l’Italia all’inizio degli anni Cinquanta, desiderosa di uscire dai brutti ricordi della guerra eppure ancora imprigionata nella vita di prima, in eterno contrasto generazionale con se stessa.
In questo rivoluzionario romanzo leggiamo di rapporti madre-figlia burrascosi, di una sessualità che finisce in un matrimonio di affetto, certo, ma anche di troppi, pesanti compromessi:
Ci siamo tanto allontanati l’uno dall’altro che non riusciamo neppure più a vederci; e andiamo avanti, soli.
Leggiamo una Valeria che poco alla volta racconta a quelle pagine segrete come scrivere la trasformi, la sfianchi eppure la renda piena di energie. È una Valeria sempre più consapevole e forte quella che inizia a chiedersi se il Mammà con cui viene chiamata da marito e figli sia un appellativo affettuoso oppure offensivo; è una Valeria coraggiosa e aperta la donna che si confronta con la figlia Mirella ascoltandola, magari in disappunto, ma conscia che la giovane sarà una delle donne del futuro.
Mi immagino le donne che lessero Quaderno proibito a puntate, capitolo dopo capitolo. Casalinghe, operaie, segretarie, maestre, madri, mogli. Sono certa si siano riconosciute perché la storia di Valeria è una storia universale, che tocca da vicino ora come allora, senza tempo.
Alba de Céspedes è una meraviglia: Jhumpa Lahiri, nelle sue note introduttive ai Racconti italiani da lei selezionati per l’antologia Guanda uscita nel 2019, la definisce così e io sono pienamente d’accordo con lei. Si tratta di una scrittrice assolutamente da approfondire, da leggere e studiare.
testo di Sara Valinotti
Nessuno torna indietro è il caso editoriale del 1939. L’Italia è ormai alle soglie della Seconda Guerra Mondiale e la cultura italiana è oppressa dalla cappa asfissiante del fascismo. Eppure, Mondadori pubblica nel periodo natalizio 1938 e con grande sforzo promozionale il romanzo d’esordio di una giovane e sconosciuta autrice, Alba de Céspedes, destinata da quel momento a entrare nel novero delle scrittrici italiane. Che una donna a cavallo fra gli anni ’30 e gli anni ’40 potesse avere successo letterario non deve stupire: le donne in letteratura non erano più una novità, alcune di loro erano anzi molto amate dal pubblico e le loro opere “vendevano bene”, pur restando prive di qualunque riconoscimento di valore letterario (a tal proposito de Céspedes preferì sempre per sé la qualifica di scrittore anziché di scrittrice, termine che veniva immediatamente associato alla letteratura rosa). Ciò che invece dovrebbe stupire è che una grande casa editrice italiana, non di certo avversa al regime, abbia pubblicato e promosso un romanzo in aperto contrasto con i modelli femminili imposti dal potere.
Fino a quel momento Alba de Céspedes, figlia di un alto diplomatico cubano e nipote di uno dei rivoluzionari che portò l’isola all’indipendenza, era stata autrice di alcuni racconti pubblicati su quotidiani italiani e si era dedicata a prove letterarie nei suoi diari. Da uno di questi inediti Pensione per signorine, scritto fra il 1931 e il 1932, sarebbe poi nato Nessuno torna indietro. Nata e vissuta in un ambiente poliglotta e multiculturale non ricevette mai un’educazione formale e men che meno frequentò l’università; la sua formazione si limitò alle lezioni private di italiano ricevute da un’istitutrice in accordo con l’usanza tipicamente ottocentesca delle famiglie di rango di educare le figlie in casa. L’istruzione scolastica della giovane Alba de Céspedes terminò a quindici anni con il suo precoce matrimonio.
Grazie alla frequentazione di ambienti intellettualmente vivaci, Alba de Céspedes entrò in contatto con Arnoldo Mondadori il quale decise di pubblicare il romanzo d’esordio proprio nel periodo natalizio, assicurandogli grande visibilità: Nessuno torna indietro arrivò in libreria nel dicembre 1938 e nel corso del 1939 vi furono numerose ristampe.
Ebbe l’impressione di trovarsi, sola al mondo, in un paese straniero. «Ma forse è così a ogni inizio» si disse, avviandosi con la sua valigia pesante, piena di libri. Cominciava soltanto allora a comprendere ciò che intendeva dire quando, nel formulario, alla domanda: «Perché ha scelto di dedicarsi agli studi?», aveva risposto: «Per vivere».
La storia è corale e vede protagoniste otto studentesse universitarie che fra il 1934 e il 1936 vivono e studiano a Roma, ospiti di un pensionato di religiose. Il vero focus della narrazione è il momento dell’ingresso nell’età adulta e del distacco dalle compagne di studio e dall’ambiente del collegio, ciascuna per motivi personali anche molto diversi. Il romanzo, accolto positivamente in termini di vendite, fu bollato dalla critica letteraria come un trito “romanzo di educandato”.
Man mano che le ristampe procedevano e si avviavano traduzioni e contratti per future trasposizioni cinematografiche, la scure della censura fascista iniziò però ad abbattersi sull’autrice: nel 1939 il romanzo vinse il premio Viareggio, ma il riconoscimento venne revocato; nel 1940 il MinCulPop impose il passaggio dalla forma di cortesia lei al voi come condizione per autorizzare le future ristampe del libro. L’autrice rifiutò di apportare le modifiche richieste e perciò si vide convocata per ben diciassette volte a riferire davanti alla commissione della censura fino al divieto di scrivere sui quotidiani nazionali.
Il romanzo era tacciato di esterofilia, materialismo e utilitarismo in quanto le protagoniste propongono un modello femminile lontano dall’ideale della donna fascista “angelo del focolare”: alcune di loro rifiutano esplicitamente la maternità e il matrimonio, altre adottano uno stile di vita ritenuto immorale. Anche se le più emancipate fra le ragazze sembrano essere poi condannate al fallimento esistenziale, il romanzo finì per essere inteso non solo come un attacco alle politiche demografiche dell’Italia fascista, ma anche come un atto d’accusa alla Chiesa cattolica che di queste ragazze era stata custode nei loro anni di formazione.
Dagli attacchi all’opera, si passò ben presto agli attacchi personali tantoché l’autrice venne definita da Nicolò De Cesare, segretario di Mussolini, in una lettera del 1943 straniera, antifascista, notoriamente di professione donna libera.
Per ovviare alla censura fascista, l’editore adottò allora un escamotage burocratico: dal momento che le future edizioni erano state vietate, ma era stato autorizzato l’esaurimento della ventesima edizione già in commercio, Mondadori presentò tutte le successive edizioni del libro come ventesima edizione. Questo stratagemma permise quindi al libro di circolare indisturbato e Alba de Céspedes continuò a essere letta. Nel dopoguerra l’autrice curò diverse edizioni, proseguendo fino al 1966 quando venne licenziata la versione definitiva pubblicata nella collana Narratori italiani Mondadori.
Nessuno torna indietro oggi è un romanzo pressoché dimenticato, nonostante il suo grande successo editoriale passato, e fino a qualche tempo fa era anche difficile da reperire. Nel 2022 finalmente Mondadori ripubblica il testo fra gli Oscar Moderni: un’occasione importantissima per scoprire Alba de Céspedes e per assaporare la lingua del romanzo italiano degli anni ’30 in tutte le sue contraddizioni.
testo di Written Wor(l)d
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Per approfondire
Romanzi di Alba de Céspedes, I Meridani Mondadori, 2011
Racconti italiani scelti e introdotti da Jhumpa Lahiri, Guanda, 2019
Non per me sola di Valeria Palumbo, Editori Laterza, 2020
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