Come saprete il 2023 è l’anno dedicato al centenario di Italo Calvino: lo scorso 15 ottobre abbiamo soffiato sulle sue cento candeline e numerosi sono stati gli eventi a lui dedicati.
Clara e io desideravamo portare anche in Giardini Letterari un pizzico della vita e della straordinarietà di questo autore (e molto altro), ma quale testo scegliere per scrivere allo stesso tempo di letteratura verde e gardening tips?
Lo scrittore Enzo Fileno Carabba ci è venuto in aiuto grazie al suo libro Il giardino di Italo che è, dunque, il protagonista dell’articolo di questo mese.
E per celebrare al meglio questo compleanno importante c’è anche una sorpresa!
Alessandra Chiappori – giornalista, autrice, esperta di comunicazione e studiosa di semiotica, di cui potete leggere recensioni e pezzi meravigliosi su à contrainte – è una nostra cara amica e ha accettato l’invito a scrivere per noi dei posti liguri di Italo Calvino, che tra l’altro conosce geograficamente benissimo: nel suo contributo leggerete della sanremese Villa Meridiana, casa di Calvino e Stazione Sperimentale di Floricoltura dove i genitori dello scrittore vivevano e lavoravano quasi in simbiosi rigorosamente scientifica con le loro piante, e anche del podere di San Giovanni, la terra di famiglia che si estendeva alle spalle della villa, nell’entroterra.
Ma ora, partiamo dall’inizio, se mai possa essere fattibile tracciare una linea di inizio definita al mondo incantato di uno scrittore geniale come Italo Calvino.
Enzo Fileno Carabba in Il giardino di Italo ci riesce venendo a patti con la duplicità di una personalità tanto peculiare: lungo questo libro ci parla sempre di Italino – il bambino che vive a Sanremo durante il periodo dell’ascesa fascista e la Seconda Guerra Mondiale, costantemente diviso tra i doveri verdi di Villa Meridiana e San Giovanni, e il fascino del mare, proprio lì, poco oltre la soglia di casa – e di Italo scrittore adulto, che dalla casa di famiglia, dalle piante etichettate ciascuna con il loro nome botanico e dai rigori imposti da due genitori molto scienziati e forse poco empatici, ha da tempo preso le distanze per costruirsi una vita totalmente priva, nell’immaginazione e nella scrittura, di limiti.
Il risultato è un testo unico nel suo genere per molti motivi.
Innanzi tutto la mano e spirito dell’autore sono presenti sempre. Enzo Fileno Carabba lo dichiara sin dall’inizio, in un patto col lettore che ho adorato:
Se ogni tanto faccio riferimento a me stesso, chiunque io sia, non è per parlare di me, ma per avere un punto di appoggio sotto i piedi, per non sprofondare nella pagina finendo dall’altra parte, inghiottito dalle parole molli di cui aveva paura Calvino (o perlomeno che gli facevano schifo, così diceva). Non pretendo di inseguire il suo linguaggio di cristallo. E poi anzi. Mi piace appoggiare la testa su qualche parola molle. Sono così sexy. Se hai un punto di appoggio sotto i piedi, neanche le parole molli possono farti affondare.
Si legge, pagina dopo pagina, un approfondimento notevole, uno studio appassionato che dura da anni e che ha condotto l’autore di Il giardino di Italo a confrontarsi in modo impegnativo e costante con una figura bellissima eppure anche molto complicata da definire.
L’Italo Calvino scrittore emerge benissimo grazie ai numerosi riferimenti alle sue opere, che Carabba spiega legandole sempre alle esperienze di vita del protagonista e, dove i fatti non sono appurabili in modo certo, li annoda con un fil rouge fatto di immaginazione, quanto mai naturale.
E l’Italino che tra le pagine di questo libro dall’infanzia si affaccia alla giovinezza – in un mondo che poi duplicherà, triplicherà, trasformerà grazie alle sue storie – è il personaggio principale, colui che conduce chi legge in una vita vissuta tra piante tropicali, orti e botanici (tra cui la figura fondamentale di Libereso Guglielmi, storico giardiniere di Villa Meridiana).
Il giardino di Italo è il racconto di come Italino sia diventato Italo ovvero di quanto l’ambiente natìo, familiare, della giovinezza e (nel suo caso) naturale possa essere il prisma attraverso il quale osservare la vita al di là, la vita in divenire. Lo scrittore-traduttore-redattore-paroliere diventa una delle figure più poliedriche e importanti della scena culturale italiana del Novecento proprio grazie a ciò che decide di abbandonare, più o meno consciamente: la vocazione scientifica famigliare (la madre botanica e naturalista; il padre agronomo e giardiniere; il fratello geologo e ingegnere); i giardini di Villa Meridiana e il podere di San Giovanni; la razionalità unita alla severità che contraddistinse la sua infanzia; la catalogazione rigorosa di ogni cosa che gli graviti intorno.
Il mondo vero, per l’Italino in divenire e per l’Italo adulto, è il mare, con la sua forza trascinante; è il cinema, in grado di racchiudere l’universo in una stanza; è l’immaginazione sconfinata e pura; sono i viaggi, fondamentali.
Nulla è impossibile alle storie. Ma tutte appoggiano su una base di vissuti imprescindibile.
Sono felice di aver letto in Il giardino di Italo quale sia stato il trampolino di lancio di tante storie meravigliose e di aver scoperto che la spinta, checché ne dicesse lo scoiattolo della penna, arriva proprio da un grande giardino e dalle sue piante.
testo di Sara Valinotti, Blufiordaliso
Che la vita fosse anche spreco, questo mia madre non l’ammetteva: cioè che fosse anche passione. Perciò non usciva mai dal giardino etichettato pianta per pianta, dalla casa tappezzata di bouganvillea, dallo studio col microscopio sotto la campana di vetro e gli erbari. Senza incertezze, ordinata, trasformava le passioni in doveri e ne viveva
Italo Calvino descrive così sua madre nel libro La strada di San Giovanni, come una donna dedita e studiosa. Giuliana Luigia Evelina Mameli, conosciuta come Eva, nasce a Sassari nel 1886 da una famiglia di ampie vedute che voleva che tutti i cinque figli avessero le stesse possibilità. Eva, dopo il liceo, prosegue i suoi studi e si laurea in Scienze Naturali nel 1907. Lavora all’università come assistente di botanica e nel 1915 ne ottiene la cattedra.
Dopo aver trascorso alcuni anni all’estero, a Cuba, in Messico e in altri stati dell’emisfero australe, Eva e il marito e collega Mario Calvino, rientrano in Italia, a Sanremo.
Nel 1925 Mario Calvino diventa dirigente della Stazione Sperimentale di Floricoltura, Eva è nominata vicepresidente. I Calvino furono i primi a portare in Italia le colture di diverse specie tropicali. Se oggi sulla nostra penisola coltiviamo il kiwi, il pompelmo e l’avocado è anche merito loro. Eva, pioniera della floricoltura e della tutela ambientale, fu la prima e l’unica donna attiva nel movimento per la conservazione della natura tra le due guerre.
L’Istituto Sperimentale per la Floricoltura
Il 25 Gennaio 1925 con Regio Decreto n. 129 nasce in Italia il primo ente che si occupa esclusivamente di floricoltura: si tratta della Stazione Sperimentale per la Floricoltura Orazio Raimondo. Dal centro America, Mario e Eva Calvino conducono un’attenta opera di ricerca di piante adatte per il particolare microclima sanremese, i semi di numerose specie vengono selezionati e spediti con regolarità alla Stazione Orazio Raimondo. La Sede dell’Istituto botanico si trovava allora nella Villa Meridiana, la residenza che accolse Mario e Eva una volta rientrati in Italia. È qui che Calvino importa piante esotiche e subtropicali come la Strelitzia reginae e promuove le prime esperienze di genetica floricola. Calvino, grande divulgatore della floricoltura, aveva intravisto lo sviluppo che avrebbe assunto la coltivazione dei fiori in Italia e più particolarmente a Sanremo. Nell’aprile 1926 sulla rivista Costa azzurra scrive:
Unica nel mondo è la nostra Riviera con le sue ricchissime coltivazioni, il suo sistema di irrigazione, i suoi terrazzi, l’intensità della sua agricoltura speciale, basato sulla piccola proprietà e su specie e varietà di piante poco comuni, tanto che appena mezzo metro quadrato di terreno sostenuto da un muro alto tre metri ed esposto bene al sole, un luogo riparato dai venti del nord, si è arrivati ad ottenere, coltivando una pianta di Strelitzia Reginae Banrs, 400 lire di fiori in un solo inverno.
testo di Clara Stevanato, La jeune botaniste
Al nocciolo del libro di Enzo Fileno Carabba c’è un colorato e appassionato interrogativo che intreccia l’autobiografia al giardino della Stazione Sperimentale di Floricoltura di Sanremo, Villa Meridiana. La casa dei Calvino, con il suo giardino di alberi ipnotici e fiori da tutto il mondo, era incastonata a metà collina: guardava il centro e la Città vecchia e dava le spalle alla campagna. Una casa su un confine tra due mondi: non poteva non uscirne fuori uno scrittore dimezzato, o forse raddoppiato. L’immaginario sfaccettato di Calvino nasce qui, nel paesaggio di Sanremo, tra le onde del mare le fasce coltivate, tra le meraviglie del giardino di famiglia e quelle dei fumetti.
Città molteplice, la Sanremo di Italino è popolata da personaggi che sembrano saltare fuori dalle pagine del Corriere dei piccoli, una delle fonti dell’immaginazione calviniana. Su quelle pagine disegnava il sanremese Antonio Rubino, che in questa storia compare tra i visitatori della Villa. E poi c’è Libereso, un Tarzan che sembrerebbe frutto della fantasia, ma che è esistito davvero, era il giovane aiutante di Mario Calvino, un nome in esperanto per un amico delle piante divenuto immortale nello sguardo di uno scrittore in erba. C’è così tanta Liguria che si vedono persino le scimmie scappate dello scienziato Voronoff e il Corsaro Nero, che la fantasia di Salgari collocò a Ventimiglia.
Calvino, allergico all’autobiografia, ha cercato di cancellare le proprie tracce con un costante esercizio di raffreddamento. Nel frattempo, la storia ha cancellato la Sanremo della sua infanzia. Ma le due sottrazioni danno un più: quel paesaggio, connesso al suo io, l’ha salvato nei suoi testi, esito della lotta costante tra fantasia e razionalità. Se in La strada di San Giovanni vediamo il giovane Italo arrampicarsi di malavoglia col padre verso il podere di San Giovanni, sulla collina alle spalle della Villa, rimpiangendo la spiaggia, in Dall’opaco la doppiezza della città diventa geometria di opposti. Due opposti che convivono, proprio come nella scrittura di Calvino: gioco di immaginazione favolosa e rigoroso e cristallino ragionamento in lotta armoniosa tra loro. Un crinale dove lavorare a un controllo perfetto della pagina, arrampicato lassù, sugli alberi del giardino incantato di Villa Meridiana.
testo di Alessandra Chiappori, à contrainte
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Per approfondire:
Su à contrainte, il sito di Alessandra Chiappori, trovate un’intera sezione dedicata ai libri che parlano di Italo Calvino: da vera appassionata e studiosa, Alessandra ce li racconta dettagliatamente e con molta cura.
In La strada di San Giovanni Italo Calvino apre si apre ai lettori in brevi incursioni nella sua vita: il racconto dedicato al podere di famiglia, ormai venduto, è straordinario.
Libero Libereso Guglielmi inizia a lavorare giovanissimo, grazie a una borsa di studio, alla Stazione Sperimentale di Floricoltura sanremese, a stretto contatto con i Calvino. Vi rimane per dieci anni. La sua vita è raccontata nel volume Libereso, il giardiniere di Calvino.