Leggere con se stessi
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Querce e silenzio

Querce e silenzio

E’ verità universalmente riconosciuta che uno scapolo largamente provvisto di beni di fortuna debba sentire il bisogno di ammogliarsi.

Che incipit. Una classicità senza tempo e una paventata sicurezza che ci dà coraggio sulle certezze della vita, quelle che ci fanno sorridere da soli, occhi e naso incollati alla pagina.

Le cortecce resistenti di Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen e di tutti gli altri romanzi e autori definiti classici, fanno sì che queste querce possano vivere tranquille e serene nei giardini delle case di famiglia, al mare, in montagna o in città. Sono le letture di cui potremo sempre parlare con qualcuno, azzerando differenze d’età ed estraneità.

Ne parliamo in famiglia, a scuola, tra conoscenti, sul bus, in libreria o in biblioteca. Ne parliamo con gli altri, è vero, ma la lettura è partita da noi, dai nostri occhi (e occhiali, molto spesso) in continuo movimento tra le righe di pagine, capitoli, interi tomi che, se cadono sul naso, mentre leggiamo sdraiati sul sofà, fanno un male terribile (vedi Via col vento e una ventenne alle due di notte su un divano a righe).

Ne abbiamo fatta una lettura silenziosa, altrimenti detta lettura individuale o lettura endofasica, se volessimo parlare un linguaggio accademico.

E’ la lettura fatta da soli, che trova voce soltanto nella nostra voce interiore, nel nostro tono, quello che nasce dalle corde vocali che ci appartengono e che utilizziamo per i nostri pensieri.

Non leggiamo a qualcuno, non parliamo. Al massimo muoviamo inconsapevolmente le labbra, se la velocità a cui corrono i nostri occhi ce lo consente. Possiamo seguire le righe con il dito, illuminare il libro con una piccola torcia, girare una pagina dopo l’altra e tenere il tomo appoggiato o aperto usando una o due mani. Non facciamo rumore (starnuti a parte, ovviamente) e se qualcuno, nel frattempo, suona il campanello o fa squillare il telefono, per un secondo lo detestiamo profondamente.

Questa è la lettura che facciamo per piacere (e anche un po’ per dovere, se siamo in prima liceo e dobbiamo colmare dei vuoti letterari che per la professoressa sono inconcepibili, ma, alla fine, ci divertiamo pure).

Leggere silenziosamente, per piacere, nell’antica Grecia era un’azione segna di nota, come ci testimoniano Aristofane, in un passo dei Cavalieri, ed Euripide, in una scena dell’Ippolito. Siamo nel 428-424 a.C. Si leggeva declamando a un uditorio che ascoltava interessato. La lettura era soltanto ad alta voce, perché si credeva che soltanto leggere in questo modo aiutasse la comprensione.

Per fortuna, a un certo punto, qualcuno ha scoperto che anche leggere per conto proprio è una gran cosa. Un delle cose più grandi che ci possa capitare di fare.

Testi citati:
Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen (editori vari; versioni tascabili)
Via col vento di Margaret Mitchell (Mondadori)
I Cavalieri di Aristofane (BUR Biblioteca Universale Rizzoli)
Ippolito di Euripide (Feltrinelli)

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