I colori del fiordaliso
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You are beautiful

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Febbraio prosegue (con tutta la gran fatica di cui vi ho già parlato qui) ed è tempo di un altro articolo condiviso con Ritenzione lirica.

L’argomento è topico. Vi parliamo di dieta.

Ebbene sì, credeteci: quando qualcosa ci tocca da vicino non possiamo esimerci dal parlarne con voi.

Intanto, partiamo con il nostro mantra per questo periodo, ché ripetercelo quelle trenta volte al giorno ci fa stare subito meglio: you are beautiful!

Ritenzione lirica

Della mia dieta, non ve ne parlo neanche.

Non è un regime alimentare da fame, son sincera. Certo, devi fare attenzione a molte cose. Ai condimenti, alle grammature. È un po’ vincolante se devi invitare qualcuno a cena o se mangi spesso fuori. Però è questione di abitudine e io, piano piano, ci sto prendendo la mano.

Con voi voglio parlare del significato di questa dieta per me. E lo voglio fare con una poesia.

A DIETA

Non ci so stare:

le Irene che sono non le so abbandonare.

In questo grande corpo c’è posto per tutte:

per le donne che non sono stata – ma avrei tanto voluto;

per quelle che la vita ha spazzato via d’un soffio;

per le mie reincarnazioni; per gli anni passati,

per la figlia che non sono più.

Col tempo, tuttavia, non mi ritrovo:

non so dove comincio

tra le vecchie pelli ammassate

in mezzo a cosce un po’ cascate

alla pancia e alle guance che mi sono spuntate.

Nel morbido tepore di cose già vissute

non ho più il posto per il presente,

non so più correre:

indosso troppi vestiti.

Voglio venirmi a cercare:

imparerò ad ascoltare,

a nutrire, invece che a mangiare,

a curare un corpo che voglio occupare

io sola, tutta quanta,

adesso.

Riuscirò a lasciarmi andare,

mi saprò demolire e poi rifare,

a costruirmi – nuova,

libera dalle mie macerie.

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Blufiordaliso

Che tema difficile questo mese!

Complicato, spinoso, quasi tabù per me.

Quando Irene mi ha detto Sono a dieta, sul serio. Ne parliamo il prossimo mese? io le ho subito risposto di sì.

Aggiungendo Anche io sono a dieta.

È la verità, anche io sono a dieta. Da anni.

Sì, perché il mio fisico non è mai stato longilineo, per così dire. L’aggettivo magra non è mai stato associato alla mia persona, così come esile, secca secca o minuta.

Io sono sempre stata quella un po’ rotonda, robusta oppure direttamente grassa. A scuola ero la cicciona secchiona. Dopo, acquisendo la maturità dei vent’anni, dei venticinque e adesso anche dei trenta, sono quella lì … e segue il gesto con i gomiti allargati, che sta a significare tutto tranne una taglia 42.

L’argomento dieta, dunque, è stato molte volte all’ordine del giorno.

Nascosto, inascoltato, non affrontato per qualche tempo, magari. Ma sempre presente.

I tentativi sono stati molteplici, così come i fallimenti. Ne sono, attualmente, la dimostrazione vivente.

Funzionò una volta soltanto, tre anni fa, quando persi parecchi chili, che poi riacquisii nello stesso tempo che avevo impiegai a perderli.

Il mio corpo ne risente, ovviamente. Ne ha risentito prima, durante e dopo l’unica dieta che diede risultati.

È evidente che, nel mio caso, si tratti di un problema articolato, legato a molti altri aspetti.

A maturare questa consapevolezza ho impiegato anni e non se sono ancora del tutto venuta a capo.

Mangio è innegabile, i chili arrivano da lì. Sono golosa, è dimostrato.

Ma c’è dell’altro che si lega a quello che molte riviste spesso paventano come metabolismo lento.

Ci sono delle motivazioni strettamente mediche, che si affrontano pian piano con una équipe specializzata. Le cause del sovrappeso e dell’obesità risiedono solo in parte nel corpo e si devono cercare anche dentro di sé.

La cosiddetta fame nervosa, ad esempio, si manifesta davanti ai nostri occhi come un’abbuffata o l’accanirsi su un determinato cibo che pensiamo ci faccia stare meglio; in realtà la causa risiede dentro di noi, la spinta a mangiare è psicologica.

Cercare di risolvere le questioni che ci divorano dentro, paradossalmente, ci farà divorare meno cibo, anche se il percorso è lungo, non sempre consapevole, duro, talvolta estenuante.

Rimane, poi, l’argomento corpo da affrontare. Stare meglio dentro è un grandissimo passo, il più importante e carico di benefici. Ma il corpo rimane ed è la parte di noi immediatamente visibile agli altri.

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Recentemente ho letto un articolo di Gaia Manzini uscito su L’Espresso.

Il titolo del pezzo era Cicatrici che rendono felici.

L’autrice comincia dicendo: IL CORPO È INEVITABILE. Il corpo siamo noi.

Io, che solitamente rifuggo nei giornali tutto ciò che viene scritto sulla fisicità, sono stata catturata da queste parole e ho letto tutto con grande avidità.

Il corpo danneggiato e riparato è al centro delle sue riflessioni, legate a nuove uscite editoriali sugli scaffali delle librerie italiane proprio in questi giorni. E non si tratta di manualistica o di ridicole pubblicazioni di self help. Gaia Manzini ci parla di romanzi, di storie scritte e che possiamo leggere, racchiuse da copertine nella maggior parte dei casi anche molto belle.

Storie in cui il corpo sta male, subisce battute d’arresto e viene rattoppato grazie alla medicina.

Poi il recupero spetta tutto al protagonista. Perché il recupero è mentale, psicologico, trova le forze nel più profondo di noi. Come accade a Elena, la protagonista di La memoria della cenere di Chiara Marchelli (NN Editore), ad esempio.

Questo libro mi chiamava, ancor prima di uscire. L’ho letto d’un soffio e adesso ho tanti piccoli, nuovi tasselli che rinforzano contenuto e contenitore.

Già, perché il lavoro è duplice, come vi ho detto prima.

Facciamo di tutto per guarire il male che ha causato una rottura del contenitore poi, durante la convalescenza, guariamo anche le ferite del nostro essere più interiore, mentre ci riappropriamo pure del corpo.

Il corpo non può essere abbandonato, né lasciato a se stesso per troppo tempo. Non può essere accantonato né maltrattato a lungo.

Il corpo è ciò da cui si comincia e ciò con cui si finisce.

Mangiare troppo o troppo poco non è nient’altro che plasmare il nostro corpo nel vano tentativo di plasmare ciò che abbiamo dentro.

La realtà è che dovremmo sforzarci di restare in equilibrio quanto più possibile, senza dimenticarci che il benessere del corpo è irrimediabilmente legato a quello del nostro io e viceversa.

Quando l’equilibrio non c’è, qualcosa inevitabilmente ne risente. Sta a noi capire cosa e trovarne uno nuovo.

È un lavoro immane, durante il quale dobbiamo prima scendere negli abissi per poi risalire verso una pallida luce. Dopo rimarranno su di noi delle cicatrici, dentro e fuori. Dei segni che ci ricorderanno in ogni momento quello che è stato, ma anche quello che abbiamo fatto per cambiare.

Il corpo non sarà mai uguale per più di due giorni: il nostro contenitore viene plasmato dalla vita, dagli agenti esterni, da noi stessi. E il contenuto lo seguirà a ruota, imprescindibilmente.

La dieta è il mezzo per rimettere in sesto il corpo, ma va fatta con criterio, deve essere un percorso serio, durante il quale si è aiutati e supportati (da una figura medica, dalla famiglia, dagli affetti).

La dieta è anche un percorso psicologico, perché inevitabilmente impatta sul nostro contenuto.

Per questo occorre essere forti nella propria determinazione, del tutto individuale, ma mai soli nel praticarla.

Perché il nostro corpo ci dà dei segnali in ogni momento. E coglierli correttamente è la chiave per un equilibrio ottimale.

Quando affrontiamo percorsi impegnativi come questi, quindi, non dimentichiamoci mai del nostro coraggio e della fatica che facciamo.

E soprattutto non dimentichiamoci della bellezza, la nostra per una volta.

You are beautiful!

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