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L’anima dei fiori a primavera

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Evviva: la primavera è qui!

La aspettavamo da tanto e per festeggiare Clara e io abbiamo scelto per l’appuntamento di Giardini Letterari di inizio aprile non uno, bensì una intera serie di libri di cui siamo certe vi innamorerete perdutamente.

Prima, però, un doveroso grazie. Mentre ci avviciniamo al primo compleanno di questa rubrica di letteratura verde e gardening tips voi ci leggete sempre più numerosi ed è davvero bellissimo: siete meravigliosi come le fioriture d’aprile, così ricche di colore e profumo.

E qui la nostra primavera si apre proprio con tanti, tanti fiori, quelli di L’anima dei fiori, opera di Matilde Serao oggi riedita e riproposta in libreria da Edizioni Spartaco.

I sette (tra poco otto) volumi della serie sono i protagonisti del mese e non vediamo l’ora di parlarvene meglio perché si tratta di libri davvero speciali.

Nel 1903 Matilde Serao è una donna di 47 anni all’apice del successo: giornalista prolifica e molto seguita, scrittrice, volto dei salotti culturali italiani e parigini, madre e moglie alle prese con la gestione di una famiglia dagli equilibri complessi.

Lavora da anni al Mattino, al Corriere di Roma illustrato e al Corriere di Napoli, fondati con il marito Edoardo Scarfoglio, da cui ha avuto quattro figli maschi, una primogenita nata morta e di cui cresce una figlia nata dalla relazione adulterina con l’attrice Gabrielle Bessard, morta suicida poco dopo aver partorito la bambina che donna Matilde adotterà come figlia dandole il nome dell’amata madre Paolina.

Ha fondato altre tre riviste da sola, pubblica romanzi, raccolte di racconti e tiene fitti epistolari con molti dei maggiori esponenti culturali italiani e internazionali.

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Tutto sembra suggerire una vita già fin troppo piena di relazioni e impegni, eppure il 1903 è in un certo senso l’anno della svolta, della rinascita personale e professionale e L’anima dei fiori ne è una magnifica prova naturale. Da lei stessa definito misterioso calendario floreale dell’anima, il volume di oltre 400 pagine esce nell’autunno per Libreria Editrice Internazionale e segna la svolta professionale e non solo di Matilde Serao: la separazione dal marito diventa ufficiale, ben presto nasce Il Giorno – il quotidiano che dirige fino alla sera della morte, avvenuta il 25 luglio 1927 – e il suo cammino apertamente antifascista di giornalista e scrittrice seguita da un largo pubblico è spianato.

L’anima dei fiori, a lungo dimenticato e ritrovato tra le carte di famiglia grazie alla nipote Adriana Taglioni Gherardini, è un’opera – oggi riproposta in una serie di otto agili volumi da Edizioni Spartaco con le preziosissime e curate introduzioni della studiosa seraiana Donatella Trotta e le illustrazioni di Angelo Maisto – fondamentale per chi ama i giardini e desidera anche fare un viaggio nel primo Novecento italiano attraverso la voce di una scrittrice unica.

Il tono di Matilde Serao è colloquiale e distinto allo stesso tempo: il tu avvicina la sua scrittura al lettore, vengono riportati aneddoti e ricordi di vita personale ed elargiti senza parsimonia consigli per la coltivazione di piante e fiori, di decorazione floreale, moda e costume.

I fiori sono

tesori di chi ha messo le proprie illusioni e le proprie speranze in ciò che nessuno può togliergli, tesori incalcolabili, tesori del povero, dello sventurato, dell’esiliato, dell’infermo, del poeta, tesori di chiunque ha amato ed ama, tesori di ogni anima bella, tesori che non hanno mai fine.

In primavera allietano gli occhi con i loro colori, risvegliando l’anima di chi li osserva, li coglie, li indossa; in estate sprigionano i profumi più intensi, generando le passioni più ardite.

Ed ecco che l’edelweiss (la stella alpina) racchiude tutti i ricordi delle vacanze sulle Alpi, incastonata in un medaglione. I fiori di gaggia (acacia) risvegliano l’infanzia vissuta con le care nonne dalle belle chiome bianche e le zie zitellone dal volto un po’ pallido silenziose e chete ordinatrici delle case, che questo profumato fiore ponevano tra le lenzuola nei grandi armadi in legno.

In tutti i brevi capitoletti di quest’opera unica nel suo genere – forse ispirata ai Flower Books che andavano diffondendosi oltralpe e nel mondo anglosassone, ma pure profondamente diversa – Matilde Serao scrive senza mai allontanarsi da chi legge le sue parole: il dialogo è costante e denota un vero e proprio rapporto affettivo di donna Matilde con i suoi lettori, relazione che non viene mai meno anche negli articoli che firma per i giornali (spesso molto approfonditi a livello sociologico) e nei romanzi. 

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L’anima dei fiori viene fuori come un picciol libro del cuore, una ghirlanda spirituale dove, tra un fiore e un altro, l’autrice non perde mai di vista il nucleo della narrazione riportata fin dal titolo, l’anima. Ogni pianta ha un’anima tutta sua, che ci viene donata gratuitamente e ricca in bellezza, stagione dopo stagione. Tra le pagine di Matilde Serao leggiamo numerosi spunti di florigrafia (il linguaggio dei fiori), con riferimenti storici e letterari e note di costume che ci fanno rivivere appieno le atmosfere belle époque e liberty di inizio Novecento che tanto ci affascinano ancora oggi.

La signora, come Serao viene chiamata a Napoli, adora decorare casa e vestiti con i fiori, ama circondarsene e viverli stagione dopo stagione, in campagna, sui monti o in periferia, lì dove il suo acuto spirito di osservazione da prota-cronista (cronista e protagonista della Storia) non la abbandona mai. Il 14 marzo, giorno del suo compleanno e dell’onomastico, la casa si riempie di omaggi floreali di amici, conoscenti, lettori, colleghi: tutti le inviano un mazzolino di violette, quelle care gemme dei prati che inducono gli animi a sognare.

E non vi pare, o lettrici care, che le violette abbiano un invincibile profumo del passato che le rende così attraenti […]? Cortesi piccole viole che tutti amano, palesemente o segretamente, voi parlate un bizzarro linguaggio a tutti i cuori, voi dite, voi ridite quello che sta sepolto nell’anima, profondamente, profondamente; la vostra piccola campanula violacea è una boccuccia affettuosa che tutto sa, che tutto ci mormora dentro.

Matilde Serao è senza dubbio una persona che oggi definiremmo multifunzionale: una poligrafa che non abbandona mai la via della penna e quella dell’ago – la vita professionale di giornalista e scrittrice e quella familiare di madre, figlia, moglie alle prese con una famiglia numerosa e spesso complicata da gestire – intessendo con il suo ampio seguito uno stile che ancora oggi è riconosciuto dalla critica letteraria come di altissimo livello (basti ricordare le sue sei candidature al Premio Nobel per la Letteratura, mai ricevuto probabilmente per l’ostracismo del regime fascista, di cui era aperta oppositrice).

E allora ecco che L’anima dei fiori è una lettura che tutti noi dovremmo concederci, ritrovando tra queste pagine molteplici spunti ricchi di interesse: Matilde Serao riesce nel collocare in un’unica opera gardening, Storia, costume, elementi autobiografici, rimandi sociologici e florigrafici.

Io un classico lo definisco così.

testo di Sara Valinotti, Blufiordaliso

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Le viole di Pasqua di Matilde Serao 

Tra i fiori primaverili, pagine vibranti sono dedicate alla viola, il più modesto, il più umile tra i fiori, e alle sue innumerevoli varietà. Già i padri della Chiesa riconobbero nella viola modestia e umiltà, qualità immediatamente associate alla Vergine Maria e al Cristo che si è fatto uomo. Nelle scene di Adorazione, come in quelle di Crocifissione (anche se più rare), la viola è presente, recisa o spontanea, per ricordare all’osservatore le qualità morali della Vergine e l’umiltà sottesa al mistero dell’incarnazione. La matrice simbolica religiosa di questo fiore pervade anche le pagine di Matilde Serao. Il periodo pasquale in particolare, è caratterizzato dalla fioritura di un altro tipo di viola, giudicata dall’autrice un fiore poco raffinato e per nulla elegante: come la settimana di Passione si avvicina una viola dal profumo lieve fiorisce in tutti gli orti di provincia, su tutte le terrazze di città e persino in qualche finestretta di soffitta.

Si tratta della Viola di Pasqua che fra tutte le viole, scrive Serao, rappresenta la maggiore modestia e la più profonda umiltà. La Viola di Pasqua di cui parla Matilde Serao, altro non è che la profumatissima violaciocca venduta il giorno di Pasqua agli angoli delle strade dagli ambulanti napoletani, descritti tra le righe di un altro romanzo dell’autrice, Il romanzo della fanciulla: 

E le campane di Pasqua suonavano, a distesa, più vibranti in quel quartiere che unisce Napoli aristocratica a quella borghese e popolare, in quel quartiere pieno di chiese, quasi tutte molto antiche: e l’orecchio, abituato, avrebbe potuto, nell’aria lieve primaverile, distinguere la voce sonora di san Giovanni Maggiore, dalla musicale campana di santa Chiara, mentre le altre, minori, mandavano i loro squilli, dalla parrocchia della Rotonda, da san Bartolomeo, da santa Barbara, dall’Ecce Homo; e tutto era intonato gaiamente, più fievole, più forte, lontanissimo, lontano, vicino. Un’aria di festa, invero, era, non solo nella giornata d’aprile col suo sole già tiepido, col suo scampanìo giocondo, ma era, anche, nella folla ondeggiante, nei panni chiari onde donne e uomini erano vestiti, nelle risa delle giovani e dei bimbi, nel grido dei venditori ambulanti che offrivano le viole di Pasqua bianche e rosse, che offrivano le prime fragole ne’ panierini, che vendevano mille cose piccole e semplici, lacci per le scarpe, anelli per le chiavi, spilli e forcinelle; un venditore di caramelle e di franfellicchi, offriva la sua merce; era in circolazione, persino, un acquaiuolo ambulante, con le sue bombole di acqua ferrata, quasi che già si fosse in luglio. Sempre le campane risuonavano, le campane che, sino al giorno prima, erano state silenziose, nel lutto dei giorni di Passione; ora vibravano da tutte le parti, e dominavano i fremiti della gente, la quale, con gli occhi fissi sulla porta della chiesa, sentiva crescere la sua curiosità e la sua impazienza. (Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1921)

L’autrice fotografa con le sue parole la coltivazione e la diffusione nei primi del ‘900 di questo fiore, poi caduto in disuso e svuotato dei suoi significati simbolici. Oggi la Violaciocca (Matthiola incana) si trova raramente nei negozi dei fioristi e ancor meno nei giardini e nei vasi dei terrazzi di città. La facilità con cui veniva coltivata da tutti un secolo fa è indice di una grande adattabilità della pianta: chiunque può dunque cimentarsi nella sua coltivazione per godere del fiore in piena terra o reciso, e non è raro osservarla crescere spontanea su terreni scoscesi e aridi.

Per avere una fioritura perfetta, seminate la violaciocca 8/10 settimane prima dell’ultima gelata (per i nostri climi, tra fine novembre e fine dicembre), prediligendo un’esposizione soleggiata o una leggera penombra. Circa tre mesi dopo godrete della fioritura che può presentarsi unica, con un solo stelo e una fioritura cilindrica (generalmente destinata al reciso), o ramificata, più piccola e delicata. La Violaciocca non ha particolari esigenze idriche ed è necessario provvedere ad una annaffiatura solo a seguito di lunghi periodi di siccità. La propagazione avviene spontaneamente, grazie al seme che la pianta produce alla fine della fioritura. 

Se desiderate recidere la violaciocca per conservarla in vaso, raccogliete lo stelo quando i fiori che lo compongono sono sbocciati per circa ⅓ , togliete tutte le foglie alla base dello stelo e abbiate l’accortezza di cambiare l’acqua tutti i giorni affinché le violaciocche conservino la loro freschezza e fragranza fino a 10 giorni.

testo di Clara Stevanato, La jeune botaniste 

Un grazie speciale va alla redazione di Edizioni Spartaco, nelle persone di Tiziana e Ugo, che subito ha accolto con disponibilità la nostra proposta di dedicare un appuntamento di Giardini Letterari a L’anima dei fiori. Li ringraziamo anche per le copie che ci hanno inviato e insieme vi diamo appuntamento in libreria il 7 aprile per l’uscita dell’ottavo e ultimo volume della serie. 

I titoli della serie completa sono:

L’anima dei fiori. Per amarvi, o fiori! vol. 1

L’anima dei fiori. Le rose vol. 2

L’anima dei fiori. Le violette vol. 3

L’anima dei fiori. Il mandorlo. Il gelsomino. Il papavero vol. 4

L’anima dei fiori. Il crisantemo. Il giglio. I lilla. Il garofano vol. 5

L’anima dei fiori. L’edelweiss. La mimosa. La gardenia… vol. 6

L’anima dei fiori. Il giacinto. La glicinia. La giunchiglia… vol. 7

L’anima dei fiori. I simboli e gli emblemi vol. 8 (in uscita il 7 aprile)

Ogni volume è arricchito da una prefazione dettagliata e utilissima di Donatella Trotta, studiosa seraiana grazie alle cui note ho appreso tantissimo e per cui le sono davvero grata.

Quale modo migliore per festeggiare i centoventi anni dalla data di uscita dell’opera originale?

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