Lo volevo, ma non sapevo bene a che scopo. A vederlo rovinare mi si stringeva il cuore. Non avevo però considerato che la casa, e soprattutto la terra, avrebbero trasformato la mia vita decidendo loro al mio posto.
Comincia così la vita di Pia Pera dedicata alla terra e alle piante.
Intorno al 2000 acquisisce un podere di famiglia in Lucchesia, vi si trasferisce e giorno dopo giorno sperimenta, pian piano conosce davvero quegli spazi in cui camminava da bambina, ma dove non aveva mai, davvero fatto crescere qualcosa.
Decide di iniziare dall’orto, dividendo un pezzo di terra in quadranti e delineando sentieri e aiuole. Nel frattempo, raccoglie tutte le sensazioni, le idee, i successi e i fallimenti in L’orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano, volume che uscirà nel 2003 per Ponte alle Grazie e che cambierà per sempre il corso delle cose.
Clara e io abbiamo scelto questo libro, per il secondo appuntamento di Giardini Letterari, perché la sua autrice è una figura tra le più interessanti nel panorama del gardening italiano e la sua prematura scomparsa (avvenuta nel 2016 a soli 60 anni) rappresenta a tutt’oggi una perdita di potenziale immensa: spesso mi interrogo su quali altri splendidi progetti avrebbe potuto lavorare e quali altri suoi libri avremmo avuto il piacere di leggere.
Inoltre, l’orto è una delle grandi presenze nella vita di tutti noi, soprattutto nel mese di luglio: chi ha un orto è alle prese con abbondanti raccolti; chi un orto non ce l’ha comincia a domandarsi dove poter trovare dei buoni pomodori per la passata stagionale.
Di luglio i fiori più belli, più grandi, sgargianti e gloriosi stanno nell’orto. Sono i fiori di zucche e zucchini: giallo aranciato vibrante di luce incarnata.
L’orto di un perdigiorno è la raccolta stagionale dei frutti di Pia Pera, ovvero la narrazione, scandagliata dal tempo di un anno di ciò che accade nel suo orto appena acquisito.
Si parte in autunno, con la preparazione del terreno e l’impianto dei bulbi autunnali, quei bulbi che tanto ricordano all’autrice Il giardino segreto e che lei decide di impiantare un po’ ovunque.
Poi, da gennaio ad agosto, è tutto un susseguirsi di eventi.
Se l’inverno è dedicato ai progetti e alla preparazione, Pia Pera non relega i pensieri e i dubbi che attanagliano ogni giardiniere soltanto ai mesi freddi, mettendosi perennemente in discussione: in questo la sento terribilmente vicina e in questo, credo, sta il valore aggiunto dei suoi scritti, che arrivano dritti a chi legge.
Con l’arrivo della primavera le semine, le neonate piantine, tutta la terra circostante reclamano cure e attenzione. Il podere che Pia Pera gestisce pressoché sola – sebbene non manchino mai alcune figure di sostegno – non ha soltanto un orto a cui badare: c’è un ampio giardino, un frutteto, degli ulivi, la natura che si confonde con i suoi terreni e spazia in un panorama che deve togliere il fiato a ogni sguardo.
Desideravo da tempo avere in giardino le rose da me chiamate contadine, quelle a mazzetti rossi che da piccola avevo colto quando ero stata portata per la prima volta in campagna, in un podere appartenuto alla nonna paterna.
E con la primavera non mancano anche i riferimenti alle rose: chissà a quale precisa rosa di campagna si riferisce Pia Pera nella sua ricerca, mi dicevo leggendo. La risposta viene svelata dall’autrice stessa quando finalmente riesce a trovarla e io sono stata, in quel preciso momento, felice, estremamente felice per lei.
I mesi estivi arrivano portando i primi, copiosi raccolti e il diario di Pia Pera riporta anche in questo caso riflessioni preziose, constatazioni che tutti noi, alle prese con un pezzo di terra adibito alle verdure, abbiamo fatto almeno una volta: si tirano le somme e si incassano successi e fallimenti, tutto diviene insegnamento per l’anno a venire.
Nessuna pianta, nessun ortaggio, nessuna vita viene trascurata da Pia Pera: l’orto diventa la sua dimensione, la sua giornata, la sua vita.
Ho voglia di vivere così. Vivere facendo a meno. Vivere senza. Senza mondanità. Senza viaggi. Senza feste. Intendo scoprire se la felicità è possibile facendo a meno di tutto questo.
E il suo lascito è immenso: non soltanto scrive sull’orto e sul giardino diversi libri e molti articoli – su Gardenia cura la rubrica Apprendista di felicità dal 2007 sino alla morte –, ma nel 2006 fonda con Gianfranco Zavalloni e Nadia Nicoletti il portale Ortidipace.org, tuttora attivo, dedicato alla creazione e alla divulgazione di giardini di comunità.
L’orto di un perdigiorno è il testo ideale per cominciare la conoscenza di un’autrice e di una giardiniera comune eppure grandissima, che ha fatto della condivisione con i lettori il suo strumento personale di racconto del giardino.
testo di Sara Valinotti, Blufiordaliso
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L’orto-giardino di Pia : uno spazio contemplativo e di meditazione
La sorpresa
Uno dei piaceri dell’orto, la mattina presto, quando vado a innaffiare – confida Pia – è sorprendere il fiore dello zucchino prima che si afflosci stremato dal sole.
La vita di Pia si svolge nel suo podere, al ritmo delle stagioni e dei piaceri effimeri ma pieni che lo svolgersi dei giorni le regala. Ogni gesto compiuto, ogni fatica, ogni scoperta in giardino è un atto di piena consapevolezza, un’azione meditativa come quella di sorprendere il fiore dello zucchino appena sbocciato nelle mattine d’estate. L’aria è ancora fresca e il ruscellare dell’acqua della pompa lava via il sonno e i brutti pensieri: è bello vedere la terra annerirsi mentre si inzuppa d’acqua, rallegrarsi insieme alle foglie. La dimensione di Pia Pera è cosmica: ogni elemento del reale partecipa alla riflessione che l’autrice-giardiniera fa sul mondo; il giardino diventa metafora della vita, la vita diventa metafora del giardino.
La bellezza
Nel suo orto estivo Pia Pera contempla le zinnie, affermando che senza di esse il suo orto sarebbe infinitamente meno bello. Ne sceglie una arancione e una rosso carminio, e una volta rientrata in casa le pone in vaso assieme a alcuni fiori di zucchino appena colto tentando un’associazione ardita, un bouquet gioioso che mescola l’orto e il giardino; contemplando quella confusione perfetta, quella composizione di gialli rossi e arancioni mi sento penetrare di nuove energie, scrive Pia nel suo libro L’orto di un perdigiorno. I malvoni rosso ciliegia, pianta prediletta da Goethe, le carote selvatiche, ombrellifere bianco pastello elegantissime nel loro sviluppo aereo e leggero, gli eringi, le gaure, l’indaco effimero dei fiori di cicoria che bordano il campo sono un cantico alla bellezza e alla contemplazione: non sapevo più se avevo davanti un orto o una tela di Monet, magari uno scorcio del suo giardino a Giverny, racconta Pia Pera in un istante di perfetta fusione con il suo podere.
L’abbondanza
L’orto straripa di ortaggi, zucchini, tromboncini di Albenga e pomodori, i fichi d’India producono splendide pale, buonissime grigliate. L’abbondanza dell’orto estivo è un’occasione per la giardiniera di sperimentare la generosità della natura, comprendendo appieno i precetti del suo maestro giapponese Fukuoka che predica i principi della non-azione sulla lavorazione della terra e la gratitudine in maniera simile a San Francesco quando dice che gli uccelli non arano, né mietono, né seminano eppure hanno di che nutrirsi. Pia Pera fa fatica, specialmente all’inizio, a vivere questa “non-azione” di cui parla il maestro giapponese: mi sono fatta prendere dall’ingordigia indiscriminata e dalla sete di novità, scrive Pia parlando degli acquisti botanici per il suo podere; ho ordinato sementi a nastro, attratta dalla facilità di impianto. Ma la giardiniera è pienamente cosciente dei suoi limiti, riflette sui temi dello sviluppo e del progresso, tanto filosofici quanto attuali, e ricorda spesso a se stessa il monito di Fukuoka: per ricreare un pezzetto dell’Eden scomparso, bisogna rallentare, invertire a poco a poco la direzione di marcia. Anche quando tutto sembra rallentare fino a fermarsi, la vita lavora sottotraccia. In inverno nulla è urgente, scrive Pia; sembra che non ci sia nulla da fare ma è tutta apparenza. E la stagione dei lavori lungimiranti, ci vuole fiuto per indovinare cosa va fatto e finirlo in tempo.
La pazienza
La contemplazione, la meditazione e il ritmo lento non sono sempre volti alla bellezza e alla facilità, Pia Pera lo sa bene. Ma la chiave di volta per lei sta nell’accettazione e nella considerazione profonda di ogni atto. Ogni lavoro, anche faticoso, come la potatura delle siepi di alloro diventa per Pia un’occasione meditativa: ci vuole tanto tempo a potare una siepe di alloro, scrive, eppure anche in questo vi è un piacere, quello di assaporare la fragranza speziata rilasciata a ogni colpo di forbici. E come spezzare un’ampolla di profumo. Cosciente dei suoi sbagli e dei suoi errori, talora impaziente, talora testarda, altre volte incapace di capire le cause e le ragioni del comportamento del suo orto, Pia fronteggia spesso una natura scontrosa. Accettazione, pazienza e resilienza sono dunque i valori che Pia Pera ha appreso dall’orto, suo taciturno maestro: l’orto mi sta insegnando a riconoscere i confini, mi fa sbattere la testa contro la realtà concreta del limite. Mi sta dicendo: a te piacerebbe vangare adesso, ma adesso non si può perchè la terra è dura e impenetrabile; a spaccarla adesso, se anche ti riuscisse la danneggeresti.
Nell’Orto di un perdigiorno, Pia Pera racconta e trasmette con lucida umiltà il peculiare percorso che l’ha portata alla costituzione di uno splendido orto giardino che non è altro che il riflesso e la metafora della costruzione della sua identità e della perfetta felicità.
testo di Clara Stevanato, La jeune botaniste
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Le foto che corredano l’articolo sono state scattate da me a Casa Lajolo, una dimora storica a pochi km da Torino con un parco e un orto meravigliosi.
In particolare, l’orto di Casa Lajolo, progettato dall’arch. Monica Botta e curato dal maestro giardiniere Loïc Maurice Mingozzi, mi è subito sembrato la location perfetta per raccontarvi con le foto il libro di Pia Pera. Concepito come hortus conclusus, circondato da mura e con una piccola bealera adiacente che ne consente l’irrigazione, presenta aiuole che delimitano gli spazi destinati alla coltivazione delle verdure (e di piante e fiori eduli) dalla zona destinata a frutteto o a bordura di fiori misti. Visitarlo, ogni anno, è bellissimo. Ve ne parlerò meglio nell’articolo che uscirà sul blog la settimana prossima. Per adesso, grazie infinite a tutto lo staff di Casa Lajolo per l’accoglienza sempre splendida che riserva ai visitatori. (S.V.)
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Consigli di lettura
L’orto di un perdigiorno. Consigli di un apprendista ortolano
Pia Pera, Ponte alle Grazie (versione tascabile Tea), pp. 208
Il giardino che vorrei
Pia Pera, Ponte alle Grazie, pp. 176
Al giardino ancora non l’ho detto
Pia Pera, Ponte alle Grazie, pp. 224
Due vite
Emanuele Trevi, Neri Pozza, pp. 128, sulla vita di Pia Pera e Rocco Carbone
Salvarsi con il verde
Andrea Mati, Giunti, pp. 320, sugli orti e i giardini di comunità e terapeutici
La vita segreta dell’orto
Gerda Muller, Babalibri, pp. 40, albo illustrato
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