Mi piace incredibilmente iniziare il 2023 qui, su Blufiordaliso, parlandovi di un libro che ho trovato per caso e che mi ha illuminata di tanta conoscenza.
Come sapete, da un po’ di tempo ho cominciato un percorso di (ri)scoperta delle autrici dimenticate del ‘900 italiano: qui vi ho parlato di Paola Lombroso Carrara (alias Zia Mariù) e qui, con Written Wor(l)d vi abbiamo raccontato Alba de Céspedes. Leggere i romanzi di queste scrittrici, ormai note soltanto agli studiosi e a un piccolo manipoli di lettrici e lettori curiosi, mi insegna sempre tanto: la spaccatura tra vecchio e nuovo mondo che la fine della Seconda Guerra Mondiale ha sancito si è sentita molto in letteratura e le autrici del ‘900 che tutt’oggi vengono presentate nei testi scolastici e in libreria sono poche e sempre le stesse.
La mia avventura alla scoperta delle vite di queste donne di lettere è iniziata proprio grazie a una di loro, Natalia Ginzburg. Leggendo Lessico familiare mi sono imbattuta nel nome di Paola Carrara e di lì – che gioia – si è aperto davanti ai miei occhi il mondo della letteratura italiana del primo ‘900 e tra le righe degli scrittori più letti.
Ma il panorama è ben più ampio e Donne a Torino nel Novecento (Edizioni del Capricorno), il libro di cui vi parlerò oggi, mi ha rivelato il volto femminile della mia amata città nel secolo breve, raccontandomi le vite (quasi) dimenticate che hanno dato molto alla Storia di Torino e dell’Italia.
La sua autrice, Marcella Filippa, direttrice della Fondazione Vera Nocentini presso il Polo del ‘900 di Torino, saggista, traduttrice e promotrice di numerosi progetti internazionali, ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune mie domande e ci terrà, dunque, compagnia tra queste righe: come inaugurare meglio un nuovo anno di Blufiordaliso?
Donne a Torino nel Novecento è una raccolta biografica che narra il ‘900 torinese attraverso le vite delle numerose donne che lo hanno vissuto e che con i loro gesti, il lavoro, la tenacia e le arti l’hanno resa la città che è oggi e non solo. Tra queste pagine non vi sono soltanto scrittrici, anzi: dagli inizi del secolo fino agli anni più recenti, Marcella Filippa ci racconta di sarte e di partigiane, di attrici e di sindacaliste, di artiste e operaie.
L’idea è nata dalla necessità di offrire una storia di Torino nel Novecento al femminile. Una sorta di città delle donne, attraversata da tante figure, diverse, note, meno note, che hanno contribuito a far diventare Torino una grande città, un luogo capace di accogliere e riconoscere le donne come soggetto attivo, superando l’invisibilità che le ha caratterizzate anche nel secolo scorso, offrendo uno sguardo sia individuale che corale. Donne che con il loro essere e il loro fare hanno aperto cammini, che noi oggi possiamo percorrere con più facilità, anche grazie a loro, donne che hanno suggerito percorsi inediti, praticato resilienza, eseguito un coraggio.
Il volume si apre con il racconto di una figura lavorativa tra le più rappresentative della Torino di inizio secolo, quella delle sartine. Gli atelier e i laboratori delle modiste erano numerosi e ben frequentati, motivo per cui il lavoro abbondava e la manovalanza, offerta nella maggior parte dei casi dalle famiglie operaie della città, era costituita da giovanissime ragazze che nel lavoro sartoriale avevano la loro unica possibilità di emancipazione sociale ed economica. Spesso tacciate di arrivismo e frivolezza, le sartine erano considerate donne leggere, fidanzatine ideali per giovani studenti universitari e arriviste perfette per le scalate sociali costituite da un buon matrimonio.
Al contrario, sono tra le figure femminili narrate in questo libro a cui mi sono più affezionata. Ho fatto una breve ricerca sugli atelier storici torinesi e sulle figure che vi lavoravano e ciò che ho saputo ha molto più a che fare con il duro lavoro, con lo studio dell’alta moda su misura, sul porsi obiettivi importanti e dimostrarsi all’altezza del titolo di capitale italiana dell’haute couture che Torino fieramente detenne fino all’avvento del prêt à porter. Le lavoranti delle sartorie torinesi furono protagoniste di importanti passi per la parità salariale e le tutele, obiettivi raggiunti con scioperi, con la fondazione di patronati e circoli, con la difesa del proprio lavoro.
Ho chiesto anche a Marcella Filippa quali siano le figure raccontate nel suo libro che più l’hanno colpita:
Ogni storia raccontata è stata frutto di una scelta meditata e consapevole, e quindi devo dire che sono affezionata a ognuna di esse, inserita in un percorso tematico e temporale che scandisce la storia di Torino. Ripensandoci posso citare alcune figure che mi hanno particolarmente colpita: la sindacalista Maria Giudice (1880-1953), la prima segretaria donna della Camera del lavoro torinese, che per tutta la vita lottò per i diritti delle donne, venne più volte incarcerata, ma non si arrese. L’ebrea Lina Zargani, la cui fine viene testimoniata dalla pietra d’inciampo, che è posta proprio davanti alla casa in cui abito e della quale mi prendo cura, tenendola pulita. Angiola Minella, una delle madri costituenti, di cui si sa ancora troppo poco, il cui diario cito perché molto interessante e appassionato. La radicale Adelaide Aglietta, Lia Varesio sempre pronta a difendere e tutelare gli ultimi, e tante altre, son davvero tante le donne che cito, che insieme fanno da sfondo alla storia complessa del Novecento, il secolo delle donne, come da più parti è stato definito.
La storia femminile del ‘900 torinese è senza dubbio scandita anche dalle azioni di coraggio, speranza e lotta delle partigiane prima e delle sindacaliste e femministe poi.
Gli anni della Liberazione a Torino furono duri e molte vite sacrificate alla causa: donne e uomini che scelsero di difendere i valori democratici in cui credevano persero la vita combattendo, consegnando lettere, spostandosi per la città in biciletta o semplicemente perché espressero le loro opinioni ad alta voce. Le donne partigiane torinesi e piemontesi, staffette e combattenti, furono tante e di loro spero di potervi parlare a breve in un altro articolo. In Donne a Torino nel Novecento se ne raccontano molte e i loro sono nomi, volti e azioni che scopriamo tra le righe di Marcella Filippa con fotografie, ricordi, lettere e testimonianze.
La fine del secondo conflitto mondiale generò uno spartiacque profondo: ci fu chi, tra le donne partigiane, tornò alla vita di prima, al lavoro e alla famiglia; ci fu chi preferì accantonare e andare avanti; ci fu chi continuò a dedicarsi alla neonata, nuova Italia attraverso la politica e le azioni sindacali. Torino negli Anni ’50 iniziò ad affermarsi prepotentemente come città industriale d’avanguardia, il grande flusso migratorio operaio trasformò la sua società e molto spesso furono proprio maestre, operaie, impiegate, sindacaliste, studentesse a dare quei piccoli, grandi contributi risolutivi alla creazione di un nuovo equilibrio.
Leggere di tutte queste vite è stato come assaporare una spremuta d’arancia fresca e dolce, di prima mattina: non so perché, ma ogni volta mi sembra speciale.
Marcella Filippa mi ha raccontato come sia stato il suo lavoro preparatorio alla stesura del libro, perché quando un volume mi insegna tanto ne sono sempre curiosa:
Occorre saper trovare negli archivi le storie spesso dimenticate, anche attraverso la raccolta di testimonianze orali quando il silenzio è tanto e assordante. Questo libro è stato possibile anche perché nel tempo avevo lavorato su tante storie, spesso rimaste nel cassetto, e che hanno trovato spazio nel libro, e in qualche modo hanno aperto altre strade. Altre narrazioni son seguite, di approfondimento e valorizzazione.
Il mio suggerimento è quello di leggere questo volume a prescindere dal suo (profondo) legame con Torino: anche coloro che non conoscono questa città potranno leggere che le vite qui raccontate sono universali e speciali e che hanno molto da insegnarci pure oggi. Leggete di Rita Montagnana, la moglie dimenticata di Togliatti; leggete delle tabaccaie e delle tranviere; leggete di Teresa Noce e di Eleonora Manzin; di Maria Ginzburg e di suor Giuseppina De Muro.
Ciascuna di loro mi ha insegnato moltissimo e spero davvero che possa essere lo stesso per voi.
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Bonus track
Marcella Filippa, che ringrazio tantissimo per la sua disponibilità, ci dà alcuni consigli di lettura: in bibliografia si trovano i tanti testi consultati che han supportato la scrittura. E poi penso ai miei libri successivi, nati proprio di lì, dal desiderio di approfondire alcune vite in particolare. Rita Levi Montalcini. La signora delle cellule (Pacini Fazzi, 2018), Tina Anselmi. La donna della democrazia (Pacini Fazzi, 2019) e Ursula Hirschmann. Come in una giostra (Aras edizioni, 2021). In questi mesi sto scrivendo una storia nuova. Presto verrà alla luce col nuovo anno. In questo periodo sto leggendo alcuni romanzi al femminile di Maria Rosa Cutrufelli. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Una scrittura potente, sensibile, che ci offre storie spesso rimosse e negate. Li consiglio.
Moltissime informazioni sulle autrici dimenticate nel ‘900 italiano potete reperirle grazie a Mis(s)conosciute: di loro vi ho già parlato tante volte, sono davvero fantastiche.
A suor Giuseppina de Muro, di cui vi ho scritto sopra e di cui si parla in Donne a Torino nel Novecento, è dedicato il romanzo d’esordio di Martina Merletti, Ciò che nel silenzio non tace (Einaudi). Leggetelo, è bellissimo.
A proposito di donne (semi) dimenticate del ‘900 italiano, sapete che su Rai Storia e Rai Play trovate Il segno delle donne? Ogni episodio, sotto forma di intervista impossibile, è dedicato a una donna che oggi in molti conoscono poco, ma che ha dato tanto a tutt* noi.
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