L’autunno è ufficialmente qui: foglie che cominciano a ingiallire, nebbie mattutine, sciarpe e cappotti tirati fuori dall’armadio, pronti a riscaldarci.
L’appuntamento di ottobre di Giardini Letterari è dedicato a un libro perfetto per questo fine mese, fatto di caldarroste e passeggiate nei boschi. Lo abbiamo scelto con cura e desideriamo parlarvene da tanto, certe che i racconti che lo compongono vi terranno buona compagnia nelle sere sul divano o davanti al camino.
Il cedro del Libano di Raffaella Romagnolo è uno dei titoli della meravigliosa collana Il bosco degli scrittori di Aboca Edizioni, che siamo felicissime di ospitare per la prima volta (e certamente non per l’ultima) nella nostra piccola rubrica dedicata alla letteratura verde e ai gardening tips.
Lo scorso settembre ha vinto la prima edizione del Campiello Natura Premio Venice Gardens Foundation, promosso da Fondazione Il Campiello – Confindustria Veneto in collaborazione con Venice Gardens Foundation e conferito da quest’anno alle opere di narrativa dedicate in modo particolare alla natura: è con grandissimo onore, dunque, che Clara e io vi raccontiamo questo libro fatto di racconti davvero preziosi.
Raffaella Romagnolo – talentuosa scrittrice piemontese con molti romanzi all’attivo, tra cui ricordiamo La masnà, La figlia sbagliata (candidato al Premio Strega 2016) e il recentissimo Aggiustare l’universo, da poco uscito per Mondadori – dà vita alle storie qui raccolte attraverso un nucleo centrale forte e possente: il cedro del Libano.
La genesi, la crescita e l’evoluzione di questo maestoso albero, dalle origini mediorientali antichissime e affascinanti, affiancano pagina dopo pagina i quattro racconti nati dalla penna della scrittrice e posti in questo volume come doni per chiunque li legga. Attraversiamo il mondo leggendo di una giovane donna alla ricerca della sua indipendenza, disposta a intraprendere un lungo viaggio per stare con la persona che ama; arriviamo nella Pisa del Settecento e conosciamo il prefetto dell’Orto Botanico alle prese con un prezioso carico in arrivo da terre lontane e con le scelte che hanno determinato il corso della sua vita; viviamo i dettagli di una spedizione spaziale; ci lasciamo trascinare dal languore e dalla nostalgia nelle terre del barolo.
La scrittura di Raffaella Romagnolo è scorrevole e, allo stesso tempo, pregna di un’intensità tipica di chi entra con un affondo nelle storie e le consegna ai lettori sotto forma di racconti che sono ciascuno un micromondo in cui scivolare con l’immaginazione.
Confesso che sarei rimasta molto più tempo in compagnia del prefetto Giorgio Santi, tra le mura di quello che, ancora tutto in divenire, nel 1787 sta diventando uno degli Orti Botanici più famosi al mondo: è certamente il mio racconto preferito tra quelli di Il cedro del Libano e segretamente spero che la scrittrice ci doni in futuro un romanzo a lui dedicato. Anche in questo racconto il cedro del Libano è la pianta protagonista, è un albero in nuce che arriva a Pisa dopo aver attraversato i mari, avvolto in un grande imballo a protezione delle sue tenere foglie e delle preziose radici. Piantato dal prefetto in persona (i direttori degli orti botanici vengono chiamati ancora oggi prefetti, ndr), è sopravvissuto fino al 1935, quando venne abbattuto da una tempesta, ma ancora oggi gli altri due alberi piantumati con lui, lo stesso giorno, da Giorgio Santi, vivono maestose nella zona dell’Orto Botanico chiamata proprio Orto del Cedro: una Magnolia grandiflora che ogni anno regala una stupenda fioritura ai visitatori e un Ginkgo biloba che, se siete abituali lettrici e lettori di Blufiordaliso, sapete quanto io adori e sia pregno di significati importanti, proprio come il Cedrus libani.
Un altro racconto a cui mi sono affezionata parecchio, forse perché ne condivido le radici geografiche, è quello dedicato alla contessa Eulalia Della Chiesa di Cervignasco: tuttora svettante sulla collina di La Morra, un maestoso cedro del Libano vive lì dal 1857, voluto e piantato dal di lei marito, Costanzo Falletti di Rodello, a imperituro segno del loro amore, posto sulla terra che i due andarono ad abitare insieme dopo le nozze.
Insomma, concedersi la lettura di Il cedro del Libano è un dono che Clara e io vi invitiamo davvero a farvi. Leggete questi racconti e regalate a vostra volta il libro ad altre persone: sarà come passare di mano in mano una preziosa pigna dai petali legnosi che nel suo cammino andrà diventando un
tronco centrale smagliante di resina, i grandi rami disposti anch’essi a spirale e protesi come braccia, il verde-azzurro della chioma, il verde ceroso delle pigne nuove, il marrone di quelle vecchie, il giallo uovo degli strobili maschili gonfi di polline.
Il potere della lettura, unito a quello della natura, è infinito.
testo di Sara Valinotti, Blufiordaliso
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La foresta dei Cedri di Dio
ll Cedro del Libano (Cedrus libani, A.Rich. 1823) è una pianta appartenente alla famiglia delle Pinacee. Coltivato nei parchi e nei giardini europei dalla fine del Settecento, è in realtà originario del Mediterraneo Orientale (Libano, Siria, Turchia, Cipro): in questi luoghi, migliaia di anni fa, il cedro prosperava; oggi ne sopravvivono solo poche centinaia di esemplari.
I Cedri di Dio sono gli ultimi resti dell’immensa foresta di Cedri del Libano che un tempo ricopriva il monte Libano. L’attenzione alla salvaguardia di questi cedri risale al 1876 quando 102 ettari di foresta vennero cinti da un muro in pietra, finanziato dalla regina Vittoria del Regno Unito: il muro serviva a proteggeva gli alberi dalle capre che amavano cibarsi dei giovani germogli.
Nel corso dei secoli, il legno di questi cedri sarebbe stato sfruttato da fenici, egiziani, assiri, babilonesi, persiani, romani, e ottomani. Il dio sumero Enlil Gilgameš fece deforestare il territorio e usò il legno di cedro per costruire la sua città; i Fenici riuscirono a diventare la prima potenza navale mercantile del mondo allora conosciuto costruendo navi di cedro; gli egiziani usarono la sua resina per il processo di mummificazione e il legno come materiale per avvolgere rotoli di papiro.
Nella Bibbia si narra che il re Salomone acquistò legname di cedro per costruire il Tempio di Gerusalemme mentre l’imperatore romano Adriano stabilì che questi territori appartenessero al dominio imperiale, fermando temporaneamente la loro deforestazione.
I cedri della Foresta dei Cedri di Dio sono tra i più belli e spettacolari al mondo: a 2050 metri di altitudine, sul monte Makmel a nord del Libano, 375 giganti verdi, alcuni dei quali vecchi di 2000 anni, raggiungono i 35 metri di altezza e i 12/14 metri di diametro. Dopo che, nel 1998, i Cedri di Dio sono stati inseriti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, la foresta è rigorosamente protetta. Situata a due ore da Beirut, è possibile visitarla grazie alle guide autorizzate. Recentemente è stato fatto partire un programma di riforestazione che è stato preceduto dalla pulizia dei sedimenti, dalla cura delle piante malate e dalla fertilizzazione del terreno.
testo a cura di Clara Stevanato, La jeune botaniste
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Per approfondire:
Se desiderate sapere qualcosa in più sul Premio Campiello Natura e sulle motivazioni per cui Il cedro del Libano si è aggiudicato la prima edizione, trovate maggiori dettagli qui.
La collana Il bosco degli scrittori di Aboca Edizioni è un vero e proprio scrigno di tesori: andate a curiosare tra i titoli finora pubblicati.
Gli Orti Botanici sono una mia grande passione: a loro è dedicato il libro Andare per orti botanici (Il Mulino) di Alessandra Viola e Manlio Speciale e sull’Orto Botanico di Torino ho scritto un articolo che potete leggere qui.
Gli alberi, così maestosi e verdi e dalle storie antichissime, vi appassionano? Abbiamo dedicato uno dei passati appuntamenti di Giardini Letterari a La forza gentile degli alberi, saggio divulgativo interessantissimo di Peter Wohlleben (Garzanti): lo leggete qui.
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