Una tappa immancabile dei miei giri naturalistici durante la bella stagione è senza dubbio l’Orto Botanico di Torino.
Si tratta di un luogo che coniuga perfettamente l’interesse scientifico e accademico (motivo per cui è sorto) con la divulgazione a tutti coloro che sono dei semplici appassionati e curiosi di natura.
Un posto che racchiude in sé molta Storia e molte storie, proprio come piace a me.
Il Regio Orto Botanico di Torino nasce nel 1729 per volere di Vittorio Amedeo II, da poco divenuto re di Sicilia e pertanto desideroso di conferire alla capitale del regno l’impronta di modernità e spicco propria di una importante città europea.
A tale scopo, dona all’università un appezzamento di terreno di circa 7000 mq, proprio accanto al Castello del Valentino, che tutt’oggi è la sede storica dell’orto botanico torinese.
L’intento era quello di partire da un Giardino dei Semplici, ovvero dalla coltivazione delle piante officinali e medicamentose tipica dei monasteri, per permetterne la conoscenza accademica agli studenti di medicina e botanica del tempo, ma fin dal suo primo prefetto (si chiamano così i direttori degli Orto Botanici, lo sapevate?) l’Orto Botanico inizia ad ampliare le sue collezioni di piante, alberi, arbusti e fiori fino ad arrivare alle circa 5000 specie, sia native che esotiche, che attualmente sono ospitate.
Il prefetto più “famoso” dell’Orto Botanico torinese, che ancora oggi è ricordato da un busto ammirabile in una delle vasche centrali, fu Carlo Allioni, medico e botanico molto conosciuto, esploratore e naturalista che dedicò a questo luogo lunghi anni di onorato servizio.
Sotto la sua egida, vale a dire a partire dal 1763, venne adottata la nomenclatura binomia inventata da Carlo Linneo: Allioni riorganizzò pertanto l’Orto in maniera sistemica e si dedicò a una monumentale opera di ricerca e documentazione ancora oggi importantissima per gli studi di settore. Catalogò, infatti, circa 2800 specie presenti sul territorio dello Stato Sabaudo nella sua Flora Pedemontana, una collezione vegetale ricchissima che andò ad aggiungersi alle pressoché 300 tavole a colori dipinte da alcuni olitori botanici, tra cui Giovan Battista Morandi, tra il 1732 e il 1741 (tavole oggi scomparse perché trafugate nel 1979 e mai più ritrovate).
Detto il Linneo piemontese (Allioni e Linneo tennero una corrispondenza epistolare che durò anni e Linneo dedicò al botanico torinese la Bougainvillea di genere Allionia) è tuttora il prefetto rimasto nel cuore degli studiosi che si avvicendano tra i viali dell’Orto Botanico, ma è sotto la direzione di Giuseppe Giacinto Moris, nominato prefetto nel 1829, che l’Orto raggiunge l’apice di massimo splendore.
Di quegli anni, infatti, sono la costruzione delle prime serre seminterrate per la coltivazione alla giusta temperatura e umidità delle specie tropicali che arrivavano da tutto il mondo, l’ampliamento dell’Orto Botanico con l’annessione dell’Arboreto e la piantumazione di alcuni degli esemplari storici, tra cui il ginko biloba, l’albero dei tulipani e un tiglio dalle foglie argentate tuttora viventi.
L’Arboreto (o Boschetto) annesso all’originario impianto di Giardino dei Semplici fu donato all’università da Vittorio Amedeo III nel 1796, con l’intento di ampliare ancora di più la reputazione dell’Orto Botanico e dei suoi studiosi e di realizzare una sezione secondo lo stile di giardino all’inglese che iniziava ad andare in voga in quegli anni. Dunque, nell’Arboreto ci troviamo davanti un paesaggio completamente diverso, contraddistinto da piccole colline e alberi piantati secondo criteri che abbandonano la sistematicità per venire incontro all’equilibrio territoriale e alle somiglianze botaniche.
Spazio viene dato oggi anche a un Frutteto “storico”, che accoglie antiche varietà di meli in via di estinzione, recuperate negli anni grazie a un grande lavoro botanico di ricerca: partendo dalla collezione di pomi conservata al Museo della Frutta e opera di Francesco Garnier Valletti, nel tempo sono state recuperate alcune varietà che rischiavano di scomparire e che ora, invece, prosperano generando preziosi fiori per le api ospitate nell’Apiario dell’Orto Botanico.
Come vedete, quella dell’Orto Botanico di Torino è una storia molteplice, che si intreccia con la Storia e con le vite di molte persone che hanno dedicato e dedicano tuttora i loro saperi alla conservazione e al rinnovamento di un posto così importante.
Io ogni volta ci arrivo col fiato corto di una vita piena di impegni e scadenze e ne esco rinfrancata: guardo il grande platano monumentale e mi dico Lui sì che ne ha viste di cose dal 1805…
Questo pezzo conclude una mini-serie di tre articoli dedicati a posti meravigliosi e pieni di natura nel torinese, che valgono bene una (o più) visite durante l’anno. Trovate qui l’articolo dedicato al parco e castello di Miradolo e qui l’articolo dedicato a Casa Lajolo.
Qualche tips per la visita
Consultate il sito dell’Orto Botanico di Torino prima di organizzare la visita: l’Orto è aperto da metà aprile a metà ottobre e sul sito sono riportate tutte le iniziative ospitate e gli orari delle visite guidate (molto appassionanti!).
Per i possessori di Abbonamento Musei l’ingresso è gratuito.
L’Apiario ospitato nell’Orto Botanico di Torino dal 2010 è composto di diverse arnie e spesso gli apicoltori sono presenti durante gli orari di apertura: approfittate del loro sapere per farvi spiegare il magico mondo delle api e chiedere se ci sono barattoli di miele disponibili.
Un testo molto interessante, interamente dedicato agli orti botanici italiani, è Andare per orti botanici di Alessandra Viola e Manlio Speciale (Il Mulino).
Trovate l’Orto Botanico di Torino anche su Facebook e su Instagram.
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